Categoria: Arte

Ma cosa ci ha insegnato la Storia ?

“I tedeschi erano nella mia casa mi dissero “Consegnati” ma non ho paura ho ripreso la mia arma ho cambiato nome cento volte ho perso mia moglie ed i miei figli ma ho molti amici ho con me tutta la Francia un uomo anziano, in una soffitta ci ha nascosti per la notte i tedeschi lo hanno preso è morto senza sorprendersi”

 

Ieri, oggi?

Per fermare una guerra, i partigiani sono serviti , questo ci insegna la Storia
Allora i confini erano nazionali, oggi “Nazione” non dovrebbe significare “tutti coloro che subiscono soprusi”? … di chi fa la guerra per interessi di pochi?
O la parola Pace deve continuare ad essere pace per mantenere un sistema mondiale che difende gli interessi di pochi?

Che si sappia

Voglio che si legga questa lettera … non importa chi l’ha scritta ma cosa ci sta scritto … e fatela passare , che si sappia e che magari qualcuno abbia anche desiderio di usarla come denuncia anche attraverso canali che permettano delle indagini … un riscatto … il luogo che accoglie chi fuoriesce dai binari della giustizia … permette che queste cose accadano … certo niente di nuovo ma la nostra memoria è labile lavabile come dice un certo Frankie

“Brutta notizia.
Avevo cercato, nei giorni passati, di mettermi in contatto con …
Un caro amico del carcere di …; a sentire il suo avvocato, sarebbe dovuto uscire poco dopo
Oggi mi ha telefonato sua moglie: … e’ ancora in carcere e non puo’ rispondere perche’ sta in infermeria.
le guardie lo hanno picchiato perche’ si e’ lamentato del latte acido che viene servito la mattina.
E’ vero. Il latte era acido, infatti io non lo bevevo mai.

Voglio dire una cosa a tutti, una cosa chiara.
Dentro il carcere c’e’ un business infinito. Non ti puoi portare niente da casa, ma un rasoio usa e getta lo paghi 1.50 . il caffe’ 3 euro a pacco…quando fuori ne prendi 2 con quei soldi; 2 salsiccie? 6 euro..e cosi’ via.
Tutto questo business e’ gestito dalle guardie, in primis, col beneplacito della direttrice (a … e’ una donna, ma e’ uguale) e se ti ribelli, sono guai.

Io ho organizzato uno “sciopero degli acquisti” che ha funzionato solo per 2 settimane.
Tutti avevano aderito.
Perche’ non ha funzionato?
Una mattina mi si presentano in cella 3 figuri della (ahahah) “mala pontina” e mi dicono: “…tu hai rotto il cazzo..questa cosa non si puo’ fare”. Loro avevano salmone e gorgonzola, carne e prosciutto crudo..che arrivava da fuori e da dentro, lo sciopero avrebbe messo in crisi il business dello………………”stare da papi in carcere”….ahahahaha! Drammatico.

Il giorno dopo mi hanno spostato di cella…inutile dire che lo sciopero e’ andato affa.

Voglio dire queste cose.

Volete sapere come funziona un carcere?
Come la vita di merda..solo……MOLTO PIU’ DI MERDA.carcere

Droni&Berton(i)

Dove stiamo andando ? … Ma chi è  peggio di chi? Non ci sono voci fuori dalla colpa di questa follia liberista da una parte e religiosa dall’altra ..

siamo tutti terroristi … deviante è  credere il contrario … e lasciarlo nelle mani di vuole comandare e imporre il proprio modello che non ha come scopo finale l’uguaglianza, la tolleranza la ricerca di un benessere primario uguale per tutti … nessuno ha il coraggio di riflettere sulla forza necessaria per un ribaltamento ..

E allora facciamo i commenti incazzati e indignati, limitiamoci a denunciare … e poi? E poi tutti a casa chiusi dentro a triplice mandata .. io compresa

Picasso

Rivisitazione personale di immagini pittoriche
Scomposizioni di caratteri, personalità
Luci e ombre di parole e pensieri
ricerche di visioni su misura
maschere frantumate
fuse nella carne 

sab

Francis Bacon

Chi sei tu …

che mi arrivi dentro i nervi, nel midollo delle ossa

viaggi nel mio sangue e porti battiti profondi nel mio cuore.

Non sono spettatrice dei tuoi intenti

ne invento altri che le immagini tue mi trasmettono.

sab

Un’amicizia

Caro Mario, mi piace la tua vivace intelligenza … tu scrivi i temi con facilità, sei farfallino , arrivi tardi o decidi di non andare a scuola , sei curioso e ti piace sentirti ammirato, coccolato … 
E sei stato fortunato , hai trovato Franco che era tanto contento di avere e di esserti amico 

Caro Franco , mi piace la tua sensibilità, la tua delicatezza e dolcezza … ti hanno insegnato il rispetto, la riconoscenza … e così giovane hai già dentro un grande dolore … la perdita dell’affetto più caro … hai conosciuto Mario e lo hai messo su un piedistallo … ecco un amico hai pensato e ti sei dato a lui in tutto .. tu cercavi l’amore che ti è mancato 

Ecco , questa è la storia raccontata nel film Amici per la pelle , film in bianco e nero del 1955 di Franco Rossi 
sab

Ensor

Oggi ho sfogliato un vecchio libro d’arte moderna, le cui immagini conosco quasi tutte a memoria, e mi stupivo di come quello che provo oggi a guardarle sia così diverso da quello che provavo anni fa … 
Solo Ensor ha attirato la mia attenzione fra tutti … i suoi colori molto particolari … il suo blu inconfondibile , pennellate nervose e variegate , questi rosa e gialli un po slavati … quasi non mi soffermo sulle sue maschere che già di per se ne fanno l’unicità … sono presa dai suoi colori pastellati e vibranti 

 

 

James Sidney Edouard, Barone di Ensor (Ostenda, 13 aprile 1860 – Ostenda, 19 novembre 1949) è stato un pittore belga.

 

Introverso e misantropo, trascorse gran parte della sua vita nella sua città natale, dedicandosi ad una pittura che fu una delle manifestazioni più significative del periodo e che si pose al centro della cultura del tempo. 

Il distacco dalla visione naturalistica rivela nel pittore quella crisi del rapporto tra l’uomo e la natura e quella tendenza all’allusione simbolica tipica di tutta l’arte post-impressionista.
Questo processo di trasfigurazione della realtà è basato su di un linguaggio fatto di colori puri e aspri, con vibranti colpi di pennello interrotti che accrescono l’effetto violento dei suoi soggetti. La tavolozza si schiarisce ed appaiono elementi inquietanti come maschere, scheletri, spettri e demoni, usati per mettere in satira gli aspetti più tipici del mondo borghese. L’antica immagine della morte si nasconde dietro maschere spaventose, cariche di un simbolismo ambiguo ed ossessivo, tipico del clima decadente di fine secolo.
La vena grottesca oscilla tra ironia ed inquietudine in una specie di incubo in cui sogno e realtà si confondono anticipando il surrealismo. Per i suoi soggetti, Ensor prese spesso spunto dai vacanzieri di Ostenda, che lo riempivano di disgusto: ritraendo gli individui come clown o scheletri o sostituendo le loro facce con maschere di carnevale, rappresentò l’umanità come stupida, vana e ripugnante.
dal web

Vivere – Akira Kurosawa

Questo è un altro film che mi è rimasto nel cuore.
Una vita , quella del protagonista, passata in un ufficio buio a svolgere mansioni burocratiche di richieste di cittadini con il solo compito di visionarle e passarle ad altre persone di rango superiore sapendo che verranno archiviate senza un seguito concreto e risolutivo.
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E un giorno quest’uomo scopre di avere un male incurabile e comincia a riflettere sul significato della propria esistenza e di quanto sia stata vuota e senza azioni d’amore e di solidarietà.
Un uomo che decide di voler fare qualcosa nel tempo che gli rimane, di voler dare un contributo, un uomo che vuole dare un senso alla sua vita .
Ecco allora che si attiva nella lettura dell’ennesima richiesta di alcuni cittadini per la realizzazione di un giardino per i giochi dei loro figli.
Questa volta non passerà la pratica ai suoi superiori, questa volta personalmente cercherà e farà di tutto affinchè il progetto di realizzi.
Sarà una lotta dura contro tutte le porte che gli si chiuderanno davanti senza ricevere una risposta .
Ma il protagonista non demorde e non si scoraggia e farà di tutto fino alla fine dei suoi giorni.
Una fine che il regista ci propone comunque come una sconfitta verso quel potere che non si lascia scalfire da sentimenti e amore .
Morirà solo in quel luogo in cui aveva riposto tutte le sue speranze di riscatto per far trionfare un po’ di umanità vera ; luogo che si realizza grazie alla sua tenacia ma di cui non avrà nessun riconoscimento perchè sarà l’amministrazione locale ad essere lodata e di lui non si farà menzione alcuna.
Molto intense le scene in cui i suoi parenti, amici e colleghi di lavoro si ritrovano per commemorare la sua dipartita bevendo sakè, come in uso nel suo Paese.
 Ed è qui che vengono alla luce, ben delineate, le varietà umane, i dissapori, il sentirsi in colpa, l’arroganza , le ipocrisie, e tanti altri aspetti che tradiscono il silenzio finali di tutti i partecipanti .
Un’analisi pulita, senza sentimentalismi che lascia tantissimi spunti di riflessione, che trasmette la sensibilità forte di Kurosawa nei confronti di tematiche profonde come il rapporti con i propri simili e con se stessi e anche la sensibilità nei confronti della inadeguatezza delle strutture e della macchina burocratica .
Ma soprattutto, secondo me, un messaggio di speranza come desiderio di prevaricare sulle ingiustizie attraverso l’uso del cuore, dell’intelligenza, dei valori etici e morali e della volontà .
La volontà come molla per cambiare, per superare .
Il Muro da superare è un macigno , sembra dire Kurosawa, ma adoperarsi con volontà è l’unica strada … una strada che mette dubbi  anche nelle persone che ti circondano … che fa riflettere … che fa pensare che possono esserci altre vie per farti uscire dalle convenzioni, dalla routine vuota di una giornata lavorativa.
Mettersi nel mondo come uomini, con la propria individualità e smettere di delegare .
Questa è una pellicola in bianco e nero del 1952.
Nel cast del film recita Takashi Shimura che era presente  in molti film di Kurosawa
e che qui interpreta il povero dipendente Kanji Watanabe.

Sab.

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Confronto fra Brunelleschi e Donatello

Entrambi gli artisti realizzano dei crocifissi lignei.
Brunelleschi, che è orafo e scultore oltre che architetto,  lo ha realizzato per la chiesa di S.M.Novella a Firenze tra il 1410 e il 1415 ma pochi anni prima,  tra il 1406 e il 1408 , Donatello ne aveva fatto uno per la chiesa di S.Croce sempre a Firenze.
DONATELLO _ Ritratto
                                                                                                                                                     Il crocifisso del Brunelleschi è estremamente elegante nell’impostazione della figura; aveva pensato ad una visione da tanti punti di vista e aveva curato proprio la definizione della forma in modo che fosse visibile da tanti punti differenti.
Il dolore di Cristo è molto composto nell’espressione e dal modo in cui apre le braccia, da come tiene le gambe e il corpo sembra quasi di vedere un quadrato dentro un cerchio, come era solito applicare nelle sue costruzioni.
E’ un crocifisso inteso proprio come armonia di proporzioni nello studio della figura.
La tecnica è ancora quella medioevale del legno dipinto policromo.
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Brunelleschi due
Il crocifisso di Donatello è molto diverso.
E’ più tozzo nelle proporzioni del corpo e più rude nel volto.
Come modelli, ci dice il Vasari, utilizzava ragazzi qualsiasi di Firenze però appare più credibile, più vero non perfetto come quello del Brunelleschi.
Quindi c’è proprio una differenza notevole di mentalità.
Donatello guarda a Giotto; nel volto l’espressione è atroce , fa impressione, è molto forte.
Anche nel costato è molto realistico il modo in cui sgorga il sangue, l’attaccatura dell’omero, i pettorali sono molto visibili.
Tutta una serie di dettagli che rendono il crocifisso di Donatello più attento alla realtà, all’anatomia.
Infatti quest’ultimo dà scandalo e, come diceva il Vasari, sembrava che avesse messo in croce un contadino.
Non è certo un’espressione nobile.
Eppure Donatello riesce , in questo modo, a portare il dolore di Cristo vicino alla gente comune.
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E questa è la grande differenza tra i due artisti.
L’uno attento alle proporzioni, all’eleganza, alla nobiltà dell’uomo cioè una concezione intellettuale in cui l’uomo è al centro del mondo.
L’altro decide di studiare l’uomo partendo dalla vita terrena.
Sab
 
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Le Corbusier – Nuova stagione architettonica

Dopo la realizzazione di villa Savoye Le Corbusier intraprende una nuova stagione architettonica, preannunciata nella sua pittura dall’inserimento di elementi figurativi,  che in seguito chiamerà “oggetti a reazione poetica”.
alessandria - le corbusier
 
Le Corbusier, nel ripensare lo  spazio domestico e ricercare soluzioni  a basso costo per una produzione in serie degli allogi,  mostra una sensibilità particolare verso la questione sociale dell’abitare.  I suoi progetti,  a partire dalle prime elaborazioni di Maison Dom-Ino,  mostrano un pensiero architettonico imprescindibile dalle considerazioni sulla città.
La Città contemporanea per tre milioni di abitanti (1922) è la dimostrazione della sua straordinaria  capacità di sviluppare gli aspetti urbani dell’architettura  e del suo perseguire l’ideale di città finalizzata all’umanizzazione della vita. Il materiale urbanistico dei suoi progetti è rappresentato da quelle che lui definisce le “gioie essenziali”: sole, spazio e verde; la città è pensata organizzata secondo una griglia ortogonale all’interno della quale gli uffici,  concentrati al centro,  vengono collocati all’interno di torri cruciformi di sessanta piani,  mentre le residenze si configurano  in blocchi,  le cosiddette Immeuble-Villas,  alte da dieci a venti piani,  caratterizzate da alloggi duplex,  ciascuno dotato di un giardino pensile.  Il resto della superficie urbana è occupato da verde rigoglioso e da ampi assi stradali ininterrotti per facilitare il traffico veicolare.
Un’evoluzione del prototipo di città ad alta densità è il progetto di Ville Radieuse (1931),  città lineare caratterizzata da un’estensione illimitata e suddivisa in fasce parallele:  gli uffici in alto,  la residenza al centro,  l’industria in basso.  Il tutto è separato da ampie strade a scorrimento veloce, oltre che da enormi aree verdi che occupano ben l’88 % della superficie complessiva.
Il principale fattore innovativo introdotto in questa città rispetto alla Città contemporanea riguarda la tipologia abitativa proposta.
Il blocco dell’Immeuble-Villa viene abbandonato a favore del blocco cosiddetto à redent (case a schiera dal prospetto alternativamente arretrato o allineato con il fronte stradale),  forma edilizia più economica e idonea per le abitazioni di massa,  che con il suo sviluppo lineare meglio si confà all’idea di una fascia continua occupata da residenze.
Alla base di questo nuovo modello di città c’è inoltre l’idea di sopraelevare ogni edificio,  ma anche le strade,  su pilotis,  per fare della superficie del terreno un parco continuo rigorosamente al servizio dei pedoni.
Per la città di Rio de janeiro  e qualche mese dopo anche per la città di Algeri,  l’architetto propone un piano di ampliamento che si configura come un’imponente infrastruttura costiera sopraelevata la quale , oltre a un’autostrada,  contiene numerosi piani da destinare a “luoghi artificiali” per uso residenziale.
Si tratta però delle ultime proposte urbane caratterizzate da una certa enfasi monumentale,  quelle che seguiranno lo vedranno propendere per soluzioni meno idealizzate,  più pragmatiche.
E anche quando,  nel 1950,  viene invitato a disegnare il piano generale per la città di Chardigarh,  in India,  Le Corbusier condenserà la vocazione monumentale dei precedenti piani urbanistici nel complesso rappresentativo del Campidoglio.
Le proposte per i piani di ampliamento di Rio e Algeri,  con la loro configurazione sinuosa,  introducono a quella che è considerata una svolta nella poetica dell’architetto:  l’abbandono progressivo dello stile astratto e austero dell’estetica purista,  la perdita di fiducia nei confronti dei progressi raggiunti dalla tecnica industriale .
Da questa riscoperta dell’ordine naturale delle cose scaturiscono architetture definite “brutaliste” per l’uso diretto di materiali,  come pietrisco grossolano,  legno non rifinito,  mattoni a faccia vista e in particolare béton brut,  ovvero cemento grezzo.
Fra i risultati più maturi e complessi della nuova estetica brutalista  troviamo l’Unité d’Habitation (1947 -1952) realizzata a Marsiglia per soddisfare,  con i suoi diciotto piani e trecentotrentasette appartamenti duplex,  la carenza di alloggi del dopoguerra.
Si tratta di un imponente monolite,  in cui ogni parte è dimensionata in funzione delle misure dettate dal Modulor,  un sistema di proporzioni sviluppato da Le Corbusier stesso a partire dalle misure del corpo umano.
Ciò che ne deriva è un monumentale transatlantico che si impone sulla scena urbana come un vero e proprio “condensatore sociale”,  in cui oltre agli alloggi per milleseicento abitanti trovano spazio un centro commerciale,  un albergo e un tetto attrezzato come spazio-gioco per bambini;  il tutto dimensionato secondo le perfette proporzioni della scala umana e disegnato con una certa libertà gestuale.
Più spazio alle emozioni
Un’altra architettura che riassume il senso della ricerca corbusieriana degli anni Cinquanta è il convento domenicano di La Tourette (1953 -1960) costruito vicino a Lione.
Qui, al rigore assoluto imposto dalla committenza si unisce la ricerca di quello che Le Corbusier  chiama lo “spazio ineffabile”, ovvero il “compimento dell’emozione plastica”,  ottenuto grazie a un sapiente uso della luce come materiale costruttivo;  catturata da “cannoni di luce”,  questa irrompe negli ambienti trasformando l’essenziale nudità che li caratterizza in enfasi poetica.
Ma l’architettura che più di ogni altra simboleggia il raggiungimento dello “spazio ineffabile” è la cappella di Ronchamp (1950 – 1955), che l’architetto progetta lasciandosi guidare dalle suggestioni offerte dal contesto : un’architettura dalle forme scultoree,  le cui curve,  nel rivolgersi ai quattro punti cardinali,  generano una spazialità “pulsante”,  che all’interno avvolge i fedeli e all’esterno abbraccia l’universo naturale.
L’aspetto più noto di Le Corbusier è sicuramente quello dell’architetto teorico del Razionalismo europeo che definì  il nuovo modo di intendere la progettazione, segnando la nascita dell’architettura moderna, ma egli fu in realtà un artista globale, per il quale il concetto di integrazione e unificazione di tutte le forme d’arte, pittura, scultura, disegno, progettazione architettonica, decorazione era basilare ed  irrinunciabile, fondato su uno stesso agire concettuale e creativo.

Tesina Sab

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La poesia delle bottiglie – Giorgio Morandi

Oggi vi parlo di un pittore che mi ha sempre molto affascinato.
Nel corso della sua vita Giorgio Morandi ha dipinto quasi sempre bottiglie e barattoli.
Ne aveva di ogni forma e dimensione raccolte nella sua umile casa che rispecchiava la sua indole solitaria e semplice.
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Non mi stanco mai di ammirare questi “paesaggi dell’anima” come mi piace definirli in cui le ricerche infinite e quasi maniacali sulle forme, lo spazio e i colori neutri rispecchiano la sua natura interiore .
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Una ricerca  che mette da parte la profondità e la prospettiva per dar spazio a relazioni più intime dove il volume prende corpo dalle sottili differenze cromatiche e dai contorni a volte impercettibili delle forme .
 
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Una dimensione che va al di là della realtà oggettiva e porta concretezza nel “sentire profondo” .
Un oggetto e uno spazio che si fondono in un piano unico ma corposo e avvolgente.

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Tonalità di grigi, rosa, marroni e bianchi non urlati ma tenui che si rinnovano in ogni immagine .
 Un unico tema che non esaurisce mai le infinite espressioni e impressioni del suo animo.

Sab

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Le corbusier – L’estetica del Purismo

Il modello Dom-Ino costituisce il sistema strutturale di buona parte delle sue case ,  ma soprattutto in questo progetto troviamo in nuce i principi che sono alla base dell’Estetica Purista .
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Le Corbusier elabora questa estetica in stretta collaborazione con il pittore francese Amédée Ozenfants,  conosciuto subito dopo essersi trasferito a Parigi nel 1916 .
Alla base del Purismo c’è il rispetto di alcune regole da applicare tanto in architettura quanto in pittura e scultura : l’uso di forme geometriche semplici ,  la ricerca ostinata di un’essenzialità analoga a quella dei prodotti industriali , l’ossessione per le virtù classiche della severità e del rigore,  il perfezionamento consapevole di ogni cosa.
La poetica purista viene esposta da Le Corbusier e Ozenfants nel 1920 nel saggio intitolato Le Purisme  comparso sulle pagine di “ L’ Esprit Nouveau “ , la rivista artistica letteraria da essi fondata per diffondere questo nuovo modo di sentire lo spirito rivoluzionario del tempo .
Il progetto per la Maison Citrohan, elaborato da Le Corbusier tra il 1919 e il 1920, può essere ritenuto l’immediata traduzione architettonica dei principi estetici del Purismo: viene utilizzata la struttura Hennebique per creare un lungo volume rettilineo, aperto a un’estremità, che si avvicina alla forma tradizionale del megaron mediterraneo.
Si tratta di una casa con muri portanti laterali, tetto piano, soggiorno a doppia altezza e poche bucature piuttosto ampie, che pur traendo le sue radici dall’architettura spontanea della Grecia (la cui disadorna essenzialità aveva suggerito al giovane architetto l’idea di una certa rettitudine morale), trova i suoi riferimenti più prossimi nell’universo della produzione industriale.
La standardizzazione degli elementi costruttivi e la ricercata  funzionalità spaziale adottate in questo progetto sono orientate a fare della casa una “macchina da abitare”, come lascia sottilmente intendere lo stesso nome Citrohan, simile al marchio della famosa industria automobilistica francese.
Il progetto non verrà realizzato ma tuttavia ad esso si rifanno le due case costruite nel 1927 a Stoccarda in occasione dell’Esposizione della Deutsche Werkbund nel quartiere modello in cui i più noti architetti contemporanei, provenienti da varie Nazioni, vengono invitati a presentare interventi di edilizia residenziale.
Nel libro Vers una architecture del 1923 Le Corbusier celebra l’”estetica della macchina” e formula con chiarezza il dualismo concettuale attorno a cui avrebbe ruotato il resto di tutta la sua l’opera: da una parte l’imperativo di soddisfare le esigenze funzionali mediante la forma empirica,  dall’altra l’impulso ad usare elementi astratti  che toccassero i sensi e nutrissero l’intelletto;  una sorta quindi di ricominciamento dell’architettura in cui si evidenzia la bellezza e l’esattezza delle strutture ingegneristiche,  nonché di navi, automobili e aeroplani.
Nei primi cinque anni delle sua intensa attività a Parigi impiega tutto il suo tempo libero a scrivere e a dipingere mentre durante il giorno lavora come direttore di una fabbrica di mattoni e di materiali edili ad Alfortville.
Nel 1922 abbandona questo incarico e apre uno studio con il cugino Pierre Jeanneret,stabilendo un legame che durò fino allo scoppio della seconda guerra mondiale.
Dopo i numerosi progetti di abitazioni standardizzate, da produrre in serie come automobili, Le Corbusier  ha l’opportunità di continuare ad applicare molti dei concetti puristi e dei principi architettonici alla base della sua poetica.
In  particolare,  dopo il 1925, l’occasione per riflettere ancora una volta sul tema delle geometrie elementari, dell’articolazione spaziale funzionale, dell’astrazione matematica, è offerta da alcuni incarichi professionali ricevuti per la realizzazione di ville borghesi.
Sono proprio due di queste ville suburbane, la villa Stein a Garches (1926-27) e la villa Savoye a Poissy (1929-31), entrambe commissionategli da collezionisti d’arte moderna, a rappresentare gli esempi in cui la “fase purista” della sua attività architettonica raggiunge il punto culminante.
Pur nelle differenze specifiche le ville si presentano entrambe come due parallelepipedi bianchi che interagiscono con altri solidi elementari disposti nello spazio. Nonostante questo, l’intera composizione è riconducibile a un ordine cartesiano e a un rigore assoluto.
Il modulo costruttivo adottato tiene conto tanto del sistema Dom-Ino, nel ricorso a una struttura puntiforme, a solai a sbalzo e finestre a nastro, che del sistema elaborato per la Maison Citrohan, laddove i muri laterali diventano portanti.
La caratteristica che accomuna ulteriormente  le due ville è la compiuta applicazione dei principi sintetizzati da Le Corbusier nei suoi 5 points de l’architecture nouvelle, resi pubblici qualche anno prima.
Sono cinque “prescrizioni” attraverso le quali l’architetto svizzero-francese, nel formulare una sintassi innovativa, individua i fattori identitari dell’architettura moderna:
1)      la casa su pilastri o pilotis, che lascia libero per la circolazione il livello del suolo;
2)      la pianta libera, ottenuta grazie all’autonomia tra pilastri portanti e muri divisori;
3)      la facciata libera, diretta derivazione della pianta libera in senso verticale;
4)      le finestre a nastro, che essendo indipendenti dalla griglia strutturale possono essere molto ampie e fornire molta luce agli ambienti interni;
5)      il tetto-giardino,  realizzabile con il ricorso  a coperture piane.
In questi edifici si possono individuare altri temi tipici dell’architettura corbusieriana,  come la rampa che si libera nello spazio quale elemento di collegamento verticale,  alcuni volumi curvi – per lo più destinati a contenere funzioni secondarie,  come il bagno o il solarium -,  il bianco assoluto degli intonaci e ancora lo spazio a doppia altezza e la finestra aperta nel muro della terrazza a incorniciare il paesaggio circostante,  creando così la contrapposizione tra natura e edificio.
Tesina Sab
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Le Corbousier – Gli esordi

Le Corbusier, pseudonimo  di Charles Edouard Jeanneret , nacque nel 1887 nella città svizzera di La Chaux- de-Fonds ,patria di orologiai, situata nel Giura vicino alla frontiera francese .
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La madre, musicista, era molto interessata alla natura matematica della musica e il padre , calvinista e incisore di orologi , era dedito a pratiche ascetiche e molto probabilmente le radici familiari  di Le Corbusier devono aver influito nella definizione della sua poetica architettonica.
Una delle prime immagini della sua adolescenza deve essere stata la griglia estremamente razionale di  Chaus-de-Fonds , città industriale il cui rigore e ripetitività devono aver certamente contribuito a formare nel giovane architetto un’idea di città fondata su un ordine geometrico e razionale.
Le Corbusier inizia  la sua formazione come disegnatore-incisore presso la scuola locale di arti e mestieri  e dapprima si interessa alle forme decorative tridimensionali e  in un secondo momento all’architettura, spinto dal suo maestro Charles L’Eplattenier che insegnava ai suoi allievi a trarre ispirazione per i propri ornamenti dagli elementi naturali locali .
Nell’autunno del 1907  Le Corbusier fu inviato a Vienna a compiere l’apprendistato presso lo studio di Hoffmann del quale però rifiuta subito il linguaggio Jugendstil ( la declinazione austro-tedesca dell’Art Nouveau ).
Questo disinteresse nei confronti dello Jugendstil ormai in declino fu rafforzato da un incontro con Tony Garnier  avvenuto a Lione nell’inverno del 1907,  proprio  quando Garnier si accingeva ad ampliare il suo progetto del 1904 per una Cité industrielle.
Le simpatie di Le Corbusier per il socialismo utopistico e la sua  predisposizione ad un approccio tipologico all’architettura, risalgono sicuramente a questo incontro .
Nel 1907 oltre all’incontro con Garnier , Le Corbusier compì anche una visita determinante alla Certosa di Ema , in Toscana.  Là egli sperimentò per la prima volta la “comunità” vivente che doveva diventare il modello socio-fisico della sua personale reinterpretazione di quelle idee utopiche socialiste che aveva ereditato in parte da L’Eplattenier e in parte da Garnier .
Nel 1908  Le Corbusier ottenne un impiego part-time, a Parigi,  presso Auguste Perret , che aveva già raggiunto una certa fama grazie all’utilizzazione della struttura in cemento armato in un edificio residenziale,  la casa d’abitazione da lui costruita nel 1904 in Rue Franklin .
I quattordici mesi che Le Corbusier trascorse a Parigi gli schiusero una visione della vita e del lavoro del tutto nuova : oltre ad apprendere le nozioni fondamentali della tecnica del cemento armato, la capitale gli offrì l’occasione di allargare la sua conoscenza della cultura classica francese, visitando i musei, le biblioteche e le sale di lettura della città.
Contemporaneamente, con grande disapprovazione di L’Eplattenier, egli si convinse sempre più che il béton armé era il materiale del futuro:  ciò grazie al contatto con Perret che apprezzava la struttura in cemento per la sua natura monolitica e malleabile e per la durata e per l’intrinseca economicità.
L’impatto di tutte queste influenze diverse si riscontra dal progetto  che Le Corbusier elaborò per la sua scuola, al ritorno a La Chaux-de-Fonds nel 1909.
Nel 1910 Le Corbusier si reca in Germania,  per migliorare la sua conoscenza della tecnica del cemento armato e per studiare lo stato dell’arte decorativa (su incarico della Scuola d’Arte di Chaux-le-Fonds ) .
Qui lavora per qualche mese presso lo studio del grande architetto tedesco Peter Behrens progettista della fabbrica di turbine Aeg ( la compagnia elettrica di Berlino )  ed entra in contatto  con  la Deutesche Werkbund associazione che si dedica al miglioramento dell’istruzione artigianale .
Per Peter Beherens la padronanza del mestiere e l’economicità costituivano la base di una buona progettazione. Inoltre Beherens eserciterà una forte influenza su due delle ultime opere di Le Corbusier  a La Chaux-le-Fonds,  la villa Jeanneret Père del 1912 e il cinema Scala del 1916 .
In Germania Le Corbusier prende coscienza degli straordinari risultati ottenuti dall’ingegneria moderna , le navi,  le automobili , gli aerei  e i grandi silos  ed edifici industriali dalla struttura in béton armé  e si convince che è questo il materiale del futuro, l’espressione del progresso .
Alla fine dell’anno , dopo il periodo trascorso nello studio di Beherens, dove di certo deve aver incontrato  Mies van der Rohe ,  egli lascia la Germania per assumere un incarico d’insegnamento a La Chaux-de-Fonds , offertogli da L’Eplattennier ;  prima di tornare in Svizzera , tuttavia , compì un lungo viaggio nei Balcani , in Italia e in Asia Minore: da quel momento l’architettura ottomana avrebbe avuto un’influenza  sulla sua opera, come testimoniano gli appunti lirici del 1913 ( Il Voyage d’Orient ).
Nel 1913 egli aprì il proprio studio a La Chaux-de-Fonds ,  con l’intento di specializzarsi in béton armé .
Nel 1915 ,  insieme ad un amico d’infanzia,  l’ingegnere svizzero Max du Bois ,  Le Corbusier elaborò due idee che avrebbero caratterizzato la sua evoluzione nel corso degi anni Venti :  reinterpretò la struttura Hennebique in quella Maison Dom-Ino  che doveva costituire la base strutturale della maggior parte delle sue case fino al 1935 , e concepì le Villes Pilotis , città ideate per essere costruite su piloni , secondo un ‘idea derivata dalla strada sopraelevata della Rue Future di Eugène Hénard , del 1910.
Hennebique , costruttore francese autodidatta , iniziò ad usare il  calcestruzzo nel 1879. Egli svolse allora un vasto programma di ricerca privata prima di brevettare , nel 1892 , il proprio sistema , di portata straordinariamente vasta . Prima di lui ,  il grande problema del ferro-cemento era stato la preparazione di una giunzione monolitica e Hennebique superò questa difficoltà grazie all’uso di sbarre a sezione circolare che potevano essere incurvate ed agganciate insieme : solo il suo sistema prevedeva la piegatura dei ferri dell’armatura e la legatura delle giunzioni con staffe per resistere agli sforzi locali.  Con il perfezionamento della giunzione monolitica si potè realizzare la struttura monolitica ,  che condusse celermente alla prima applicazione su vasta scala di tale sistema nei tre filatoi costruiti nel 1896 .
Il progetto della Maison Dom-Ino,  elaborato a partire dal 1914,  è di fondamentale importanza perché in pochi segni anticipa e sintetizza l’essenza dell’architettura moderna .
E’ un sistema strutturale caratterizzato da un’ossatura in cemento armato che consente di articolare la pianta e i prospetti dell’edificio in maniera indipendente dalla struttura .  Da tale sistema discendono principi estetici innovativi come la finestra a nastro , la pianta e la facciata libera ( ovvero indipendenti dalla struttura portante ), le coperture piane .
Ma le implicazioni del sistema Dom-Ino non sono soltanto architettoniche ,  sono anche urbanistiche . Ideato per essere estensibile –  come le tessere dell’omonimo gioco prevede , infatti , la possibilità di assemblaggio secondo molteplici combinazioni  –  ,  il sistema era pensato per una produzione in serie , a basso costo ,  da impiegare nella realizzazione di quartieri popolari .
Il 1916 segnò il culmine della sua carriera giovanile a La Chaux-de-Fonds,  grazie alla costruzione della villa Schwob,  una sintesi straordinaria di tutto ciò che egli aveva tanto a lungo sperimentato,  caratterizzata in primo luogo da una elaborata assimilazione delle potenzialità spaziali del sistema Hennebique, consentendogli di sovrapporre a una struttura a telaio elementi stilistici tratti da Hoffmann e Perret.
Questa fu la prima occasione in cui Le Corbusier concepì una casa in termini celebrativi,  cioè come un palazzo.  Il sistema di campate alternativamente lunghe e strette,  nonché l’organizzazione simmetrica della pianta,  diedero alla villa Schwob una struttura  palladiana.

Tesina Sab

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Le avanguardie storiche

Espressionismo: Fauve e Die Bruke
Il periodo delle Avanguardie comincia , convenzionalmente, nel 1905 e va avanti fino la Seconda Guerra Mondiale
Il 1905 è segnato da due eventi  artistici importanti.
A Parigi si tiene il Salone d’Automne dove espone un gruppo di pittori che vengono definiti dalla critica: Fauve (Bestie feroci) perché scelgono dei colori che creano dei contrasti particolarmente violenti e  scandalizza il ritratto della signora Matisse con la riga verde al centro.
 
Signora Matisse – Matisse (altro…)

Le Corbusier – Inquadratura storica

le Corbusier e progetti

Dopo la Prima Guerra Mondiale i costruttori si sono trovati di fronte ad una situazione sociale, economica e tecnologica  diversa rispetto al primo decennio del secolo.
L’industria  stimolata dalle necessità belliche aveva subito un’accelerazione sia in senso quantitativo che in senso del progresso tecnologico e conseguentemente c’era stato un massiccio abbandono delle campagne in favore di un inurbamento selvaggio di coloro che svolgevano il loro lavoro nelle fabbriche e  la borghesia professionale assumeva  il nuovo  ruolo di tecnici dirigenti.
La struttura della città non rispondeva  più alle nuove esigenze sociali:  bisognava  risolvere velocemente il problema della scarsità degli alloggi in modo intelligente, funzionale, igienico  e senza fronzoli ; per dare alla città un certo coefficiente di abitabilità e funzionalità, cioè per utilizzarla, bisognava toglierla dalle mani di chi, semplicemente, la sfruttava per il proprio profitto. Per risolvere tutte queste problematiche il costruttore doveva  progettare lo spazio urbano.
Gli architetti lottano in senso politico per l’architettura moderna la quale si è sviluppata in tutto il mondo secondo alcuni principi generali:
1) la priorità della pianificazione urbanistica sulla progettazione  architettonica ;
2) la massima economia nell’impiego del suolo e nella costruzione al fine di poter risolvere il problema delle abitazioni;
3) la rigorosa razionalità delle forme architettoniche;
4) il ricorso sistematico alla tecnologia industriale, alla standardizzazione, alla prefabbricazione in serie, cioè la progressiva industrializzazione della produzione di cose comunque attinenti alla vita quotidiana (disegno industriale),
5) la concezione dell’architettura e della produzione industriale qualificata come fattori condizionanti del progresso sociale e dell’educazione democratica delle comunità.
Nell’ambito di questa etica fondamentale  dell’architettura moderna  in  Francia nasce e si sviluppa il razionalismo formale che fa capo a Le Corbusier
Tesina Sab

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Come si realizza un affresco

L’affresco veniva chiamato “buon fresco”.
Si basa su un procedimento chimico ( a differenza di tutte le altre tecniche) che si chiama Carbonatazione della calce.
Per avere un affresco bisogna lavorare d’inverno quando c’è maggiore umidità perché la parete deve asciugarsi lentamente.
affresco
All’epoca di Giotto c’era una tecnica derivata dal mondo bizantino che si chiama Tecnica a pontate ( ponteggi).
Secondo questa tecnica, che si trova negli affreschi più antichi bizantini, il pittore stabiliva l’area, montava il ponteggio solo su un pezzo di parete e la affrescava in giornata.
Il giorno dopo spostava l’impalcatura e faceva un altro pezzo vicino cioè di procedeva geometricamente e quindi si vedevano le giunture.
Per procedere alla realizzazione tecnica di un affresco prima di tutto bisogna passare dell’ammoniaca per uccidere le muffe sulla parete e sgrassarla e pulirla, scalpellarla in modo che faccia presa.
Poi si mette un primo strato di malta molto grossolana che si chiama Rinzaffo che è una sabbia mista a pietrisco  grosso in modo che sia molto ruvido.
Su questo si stende un secondo strato di intonaco un po più fine che si chiama Arriccio.
Sull’arriccio si esegue il disegno.
Si faceva la quadrettatura sul foglio dove c’era il disegno.
Poi si prendevano dei fili che si sporcavano nella polvere di carbone e due operai ai due lati della parete li tiravano e battevano (battitura del carbone) in modo che si formasse una griglia fatta a carbone sulla parete e si ingrandiva il disegno.
Quando il disegno era sulla parete si procedeva a dare, nella parte dove c’era il ponteggio (parte pontata), lo strato vero e proprio di malta (prima si incideva il disegno con una punta metallica in modo che emergesse dalla malta) che si chiama Tonachino perché è un intonaco molto fine e liscio.
A questo punto si procede a dare il colore vero e proprio.
Il colore è fatto di puro pigmento stemperato in acqua, eventualmente con l’aggiunta di latte(acqua) di calce.
Si danno delle pennellate e non si può sbagliare altrimenti bisogna rifare tutto il procedimento.
E’ una tecnica molto delicata.
L’intonaco che è stato messo sotto è fatto di calce spenta che in chimica si chiama Idrossido di calcio.
Questo idrossido di calcio reagisce asciugandosi con l’anidride carbonica che c’è nell’aria e avviene questa reazione chimica che è la carbonatazione della calce per cui l’idrossido si trasforma in carbonato di calcio che è una  pietra, è come se fosse un minerale e butta fuori acqua, vapore acqueo, trasuda la parete.
Quindi il colore rimane impregnato nella parete ed è per questo che dura così tanto e non ha bisogno di altri leganti perché la calce è già un legante.
Quindi tra tutte le tecniche artistiche sviluppatesi nei secoli è la più sicura e quella che dura di più in assoluto in condizioni climatiche ottimali.
Non tutti i colori si possono usare per l’affresco proprio perché i colori hanno delle proprietà chimiche particolari, ad esempio tutti i blu e gli azzurri vanno dati a secco a tempera alla fine dell’affresco.
I colori si possono mescolare tenendo conto delle loro proprietà, per esempio i colori che contengono piombo non possono andare insieme a quelli che contengono solfuri altrimenti si anneriscono (Cimabue).
Con Giotto siamo negli anni in cui si sperimenta e lui è uno di quelli che decide di aderire alle novità.
Giotto non usa più la tecnica a pontate ma a giornate che è una vera e propria rivoluzione nel senso che ,una volta fatto il disegno sopra l’arriccio, si procede diversamente.
Il procedimento dei fili sporchi di carbone verrà poi sostituito con lo Spolvero in cui si incollano tantissimi fogli, si bucherellano, si passa del carbone in polvere e rimane il disegno.
La novità della tecnica a giornate è che una volta finito il disegno, si da l’intonaco sottile solo sulle figure che si decide di fare in quella giornata e non su una parte di parete.
Questa è una grande differenza perché non si vedranno più i segni geometrici sulla parete ma si vedranno le differenze tra una figura e l’altra .
Quando poi l’intonaco si asciuga , si vede la differenza nei punti di lavoro fra due giornate di lavoro perché c’è un po di rilievo .
La tecnica a giornate è già presente ad Assisi.

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Piccolo sguardo al Ritratto attraverso i secoli

” … il pittore cattura un’espressione fuggevole, un momento dell’età, un moto dell’anima e li fissa per sempre sulla tela … “.
Il ritratto rimane così al di la del tempo e dello spazio.
Nelle Corti tardo – gotiche, a differenza di quanto si sosteneva nel Medioevo, si pensa che l’aspetto terreno è degno di essere riprodotto indipendentemente da altri contesti narrativi e religiosi e si cerca la verosimiglianza.
Van der Weyden (altro…)

San Francesco che dona il mantello – Giotto

Intorno al 1290 Giotto affresca la Basilica Superiore di Assisi su richiesta dei Frati con Storie di S. Francesco.

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La Basilica ha un’unica navata e il transetto a croce commissa ad aula .
Entrando sia a destra che a sinistra si vedono le due file di affreschi di Giotto. Nell’angolo a sinistra del transetto ci sono quelli di Cimabue.
La scelta di Giotto è innovativa. Ci sono 28 scene quadrate con 28 episodi della vita di S. Francesco.
I quadri sono separati da finte colonnine a simulare un portico oltre il quale si svolgono le scene della vita di S. Francesco.
Infine sotto nello zoccolo c’è un finto velario , un drappo dipinto a disegni a scacchiera con fiori.
Le fonti. A Giotto vengono dati due testi: La Leggenda Major in latino di Bonaventura (filosofo francescano) e I fioretti di S. Francesco che hanno diffuso gli episodi fra la popolazione .
I Frati gli hanno anche dato indicazioni su come realizzare le opere ma Giotto è già piuttosto indipendente.
Analizziamo S. Francesco che dona il mantello.
s francesco giotto
In questa scena non c’è più il fondo oro; non c’è più niente di Bisanzio.
I primi segnali di questo cambiamento li avevamo già avuti con Cimabue.
Le diagonali e la mediana del quadrato si incrociano proprio sull’aureola della testa del santo che diventa quindi l’asse focale della composizione.
E’ assolutamente moderno il concetto di equilibrio e di insieme che si fa in progettazione.
S. Francesco sta donando il mantello. Il povero si abbassa in segno di ringraziamento e di umiltà, quindi c’è attenzione ai gesti e ai sentimenti come aveva imparato da Cimabue.
Poi c’è la profondità. Sembra di poterli toccare i vestiti ; c’è il chiaro scuro che da plasticità ai volumi.
Prima c’erano i tocchi in oro , adesso sembrano tridimensionali.
C’è un po di oro solo nell’aureola di S. Francesco.
A sinistra il cavallo bruca l’erba; un gesto molto naturale e realistico.
Nell’arte bizantina non si erano mai visti animali; è la prima volta che compare un cavallo.
I profili delle montagne sono simbolicamente terminanti a destra con un edificio religioso e a sinistra con la città: i due poteri.
Simbolicamente S. Francesco è il tramite tra i due poteri cioè è quello che ha portato la parola della Chiesa, la parola sacra tra la gente comune.
I due monti segnano le diagonali. Non c’è più fondo oro ma c’è l’azzurro del cielo.
Un’altra innovazione è che gli edifici sono visti di scorcio; c’è profondità, c’è un tentativo di prospettiva.
Non c’è ancora un punto di fuga ma c’è un asse verso cui confluiscono le rette (che è la tecnica di Pompei).
La prospettiva è ancora intuitiva.
Non quadrano ancora gli alberi che sembrano cespugli cioè le proporzioni degli alberi non sono corrette dal punto di vista spaziale , prospettico e poi mancano le ombre sotto i piedi.
Il passaggio dalla cultura bizantina non è facile; si passa da una mentalità tutta rigida e simbolica in cui la realtà non conta niente.
Per la prima volta, Giotto cerca di introdurre un po di realtà.

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L’innovazione di Giotto

Giotto viene collocato cronologicamente tra il 1267 e il 1337, quindi è un pittore del ‘300, ed è il più grande pittore di questo secolo, italiano e d’Europa.
Giotto
La sua grandezza è testimoniata dalle parole che di lui ci dicono tre personaggi.
1)      Il Boccaccio: “Lo miglior dipintor del mondo” dal Decameron
2)      Dante nel Purgartorio – 11° Canto:  “Credette Cimabue …. La fama ora ce l’ha Giotto e nessuno si ricorda più di Cimabue”.
Quindi tutti ritenevano Giotto molto importante.
3)      Cennino Cennini, noto scrittore del  1300 che ha sscritto un libro dell’Arte che è un ricettario pittorico.  E’ lui che ci dice come si fanno gli azzurri e come si mescola il colore e disse che Giotto fu colui che rimutò l’arte del dipingere di graco in latino e ridusse al moderno, ed ebbe l’arte più compiuta che avesse mai nessuno.
Vuol dire che Giotto trasformò l’arte del dipingere dal greco bizantino al mondo romano cioè ha fatto rinascere l’arte degli antichi romani.
In effetti la brillantezza dei colori, per esempio, si ricollega alla tradizione degli affreschi romani.
Quindi tutto ciò ci dice che Giotto è il più grande artista mai visto fino a questo momento in pittura e diventerà ricco e molto richiesto e girerà tutta la penisola chiamato dalle principali città.
Giotto corrisponde a quello che è stato Dante per la letteratura italiana.
Dante ha creato una tradizione tipicamente italiana, il volgare italiano e gli ha dato dignità.
Giotto ha creato un linguaggio pittorico tipicamente italiano e non più bizantino.
La sua produzione artistica si può suddividere in fasi perché il suo stile si è evoluto nel corso del tempo.
Nella prima fase opera principalmente ad Assisi dove affresca la Basilica Superiore intorno al 1290 e a Firenze, ricordiamo il Crocifisso della Chiesa di Santa Maria Novella (1285 -1290).
Poi successivamente si sposta a Padova, dove affresca la Cappella degli Scrovegni nei primi anni del ‘300.
La terza fase è attivo ancora a Firenze (1320 – 1325) dove affresca le Cappelle Perruzzi e Bardi.

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Il Decameron di Pier Paolo Pasolini

Da un’intervista a Pasolini
“ … è stata una gran voglia di ridere che ha ispirato il  Decameron…    si narra per il gusto di narrare, o si rappresenta per il gusto di rappresentare. Cosa si narra e si rappresenta? Qualcosa che non c’è più, uomini, sentimenti, cose. Non c’è dico storicamente …  Godere la vita (nel corpo) significa appunto godere una vita che storicamente non c’è più … In realtà con questo film non solo ho giocato ma ho capito che il cinema è gioco,  cosa semplicissima che mi ci sono voluti dieci anni per capire … Ma giocando mi distinguo da una realtà che non mi piace più. Ho scelto Napoli per il Decameron perché Napoli è una sacca storica: i napoletani hanno deciso di restare quello che erano … Non ho preteso nel Decameron di esprimere la realtà con la realtà, gli uomini con gli uomini, le cose con  le cose, per farne un’opera d’arte, ma semplicemente per “giocare” appunto, con la realtà che scherza con se stessa .. “
 
 
 
 
 
Al Festival di Berlino del 1971, nel cui ambito il Decameron  fu presentato il 28 giugno, il film ricevette l’Orso d’argento con questa motivazione:  “Per il rigore artistico, la maturità cinematografica e il corposo umorismo in cui Pasolini ha ricreato l’ironia irriverente del Boccaccio e non soltanto ha raggiunto la pittoresca autenticità del Medioevo , ma vi ha tradotto, con sana vitalità, un’immagine del mondo d’oggi”.
Tratto da Luciano De Giusti – I film di Pier Paolo Pasolini 
Questa è la scena finale del film Il Decamerom, dove Giotto (interpretato da Pasolini) fa un sogno … 

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L’architettura di Le Corbusier – Villa Savoye

Analisi di un’opera:
Villa Savoye a Poissy, Francia, 1928 -30
 Sala savoy
Una residenza  per il fine settimana ubicata nel verde sobborgo parigino di Poissy, Villa Savoye rappresenta l’apice dello stile purista di Le Corbusier.  Dal punto di vista spaziale, il progetto sfruttava a pieno le possibilità offerte dalle costruzioni con struttura in calcestruzzo che alla Mostra  Weissenhof di Stoccarda l’architetto svizzero aveva articolato nei celebri “cinque punti per una nuova architettura”:
  1. Le colonne, i pilotis, sollevano la casa, nell’aria, lasciando sgombro il terreno sottostante che può essere utilizzato da persone e autoveicoli.
  2. Un giardino pensile ricavato sulla copertura piana supplisce alla perdita di terreno disponibile determinata dallo sviluppo edilizio.
  3. Prolungando i pilotis e trasformandoli in uno scheletro strutturale, le pareti divisorie possono essere organizzate nello spazio in piena libertà, creando il cosiddetto plan libre.
  4. Le finestre possono essere estese a piacere in lunghezza, senza una diretta relazione con la suddivisione interna, ottenendo così una facciata libera.
  5. L’impiego di lunghe aperture orizzontali – le finestre a nastro – permette di conseguire un’illuminazione più omogenea.
Sul piano formale, l’abitazione richiama Villa Capra del Palladio, meglio nota come “La Rotonda”, di cui rielabora la planimetria centralizzata di matrice classica: anche qui la pianta è quadrata e l’edificio si apre al panorama circostante attraverso finestre a nastro continue. Tuttavia, al posto di una stanza centrale, un fulcro compositivo volto a creare un senso di chiusura, Le Corbusier colloca una rampa, la base di ciò che definiva la promenade architecturale. Analogamente, il quadrato è scandito da un sistema di campate 4 x 4 “improprio” dal punto di vista del lessico classico (dove dovrebbe trovarsi una campata aperta è collocata una colonna) e l’edificio, a sua volta, non è esattamente quadrato, essendo allungato dai travi a mensola lungo la direzione di arrivo per rafforzare l’idea di un asse principale.
L’entrata si trova sul versante posteriore della casa e vi si giunge seguendo una superficie curvilinea di vetro, il cui raggio è stato definito dal diametro minimo di sterzata di un’auto.
Attraverso una apertura centrale si passa nel vestibolo, da cui si diparte la rampa che sale verso i piani superiori con continui cambi di direzione. Il soggiorno comunica direttamente con la terrazza grazie a una vetrata a tutta altezza di  quasi 10 m.,una metà della quale può essere fatta scorrere lateralmente.
 
La passeggiata architettonica prosegue dalla terrazza mediante la rampa e giunge, in asse con la veduta verso la Senna, al solarium, cinto da una parete il cui piano evoca la sagoma di una chitarra di un dipinto cubista. Sebbene piantumato a verde, richiama il ponte di una nave, un’immagine rafforzata dall’impiego di ringhiere di tipo nautico in tubolare di acciaio tinto bianco e dalla presenza di curioso vano imbutiforme in cui è alloggiata la scala
Sebbene l’ordinata griglia di colonne e le latenti simmetrie siano il sintomo di una disciplina formale di chiaro stampo classico, nello spirito della nuova libertà dell’organizzazione in pianta l’ordine architettonico è ovunque attento alle esigenze d’uso e alla presenza degli occupanti.
In Villa Savoye, il principio squisitamente moderno del decentramento compositivo – marcato dalla maglia delle colonne, rinforzato dall’articolazione degli spazi principali attorno alle estremità della composizione (come se propagati dalla rampa) ed espresso dalle finestre a nastro – viene impiegato per creare una progressione dal basso verso l’alto e verso l’esterno che instaura un dialogo costante con il paesaggio e il cielo, mirando alla fusione con il contesto naturale.
Villa Savoye costituisce l’espressione spontanea della “sintassi chiara” elaborata nel corso dei dieci anni precedenti da Le Corbusier, proprio nel momento in cui il linguaggio unificato dell’architettura purista era in procinto di essere abbandonato.

Tesina Sab

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