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Francis Bacon

Chi sei tu …

che mi arrivi dentro i nervi, nel midollo delle ossa

viaggi nel mio sangue e porti battiti profondi nel mio cuore.

Non sono spettatrice dei tuoi intenti

ne invento altri che le immagini tue mi trasmettono.

sab

Confronto fra Brunelleschi e Donatello

Entrambi gli artisti realizzano dei crocifissi lignei.
Brunelleschi, che è orafo e scultore oltre che architetto,  lo ha realizzato per la chiesa di S.M.Novella a Firenze tra il 1410 e il 1415 ma pochi anni prima,  tra il 1406 e il 1408 , Donatello ne aveva fatto uno per la chiesa di S.Croce sempre a Firenze.
DONATELLO _ Ritratto
                                                                                                                                                     Il crocifisso del Brunelleschi è estremamente elegante nell’impostazione della figura; aveva pensato ad una visione da tanti punti di vista e aveva curato proprio la definizione della forma in modo che fosse visibile da tanti punti differenti.
Il dolore di Cristo è molto composto nell’espressione e dal modo in cui apre le braccia, da come tiene le gambe e il corpo sembra quasi di vedere un quadrato dentro un cerchio, come era solito applicare nelle sue costruzioni.
E’ un crocifisso inteso proprio come armonia di proporzioni nello studio della figura.
La tecnica è ancora quella medioevale del legno dipinto policromo.
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Brunelleschi due
Il crocifisso di Donatello è molto diverso.
E’ più tozzo nelle proporzioni del corpo e più rude nel volto.
Come modelli, ci dice il Vasari, utilizzava ragazzi qualsiasi di Firenze però appare più credibile, più vero non perfetto come quello del Brunelleschi.
Quindi c’è proprio una differenza notevole di mentalità.
Donatello guarda a Giotto; nel volto l’espressione è atroce , fa impressione, è molto forte.
Anche nel costato è molto realistico il modo in cui sgorga il sangue, l’attaccatura dell’omero, i pettorali sono molto visibili.
Tutta una serie di dettagli che rendono il crocifisso di Donatello più attento alla realtà, all’anatomia.
Infatti quest’ultimo dà scandalo e, come diceva il Vasari, sembrava che avesse messo in croce un contadino.
Non è certo un’espressione nobile.
Eppure Donatello riesce , in questo modo, a portare il dolore di Cristo vicino alla gente comune.
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E questa è la grande differenza tra i due artisti.
L’uno attento alle proporzioni, all’eleganza, alla nobiltà dell’uomo cioè una concezione intellettuale in cui l’uomo è al centro del mondo.
L’altro decide di studiare l’uomo partendo dalla vita terrena.
Sab
 
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La poesia delle bottiglie – Giorgio Morandi

Oggi vi parlo di un pittore che mi ha sempre molto affascinato.
Nel corso della sua vita Giorgio Morandi ha dipinto quasi sempre bottiglie e barattoli.
Ne aveva di ogni forma e dimensione raccolte nella sua umile casa che rispecchiava la sua indole solitaria e semplice.
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Non mi stanco mai di ammirare questi “paesaggi dell’anima” come mi piace definirli in cui le ricerche infinite e quasi maniacali sulle forme, lo spazio e i colori neutri rispecchiano la sua natura interiore .
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Una ricerca  che mette da parte la profondità e la prospettiva per dar spazio a relazioni più intime dove il volume prende corpo dalle sottili differenze cromatiche e dai contorni a volte impercettibili delle forme .
 
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Una dimensione che va al di là della realtà oggettiva e porta concretezza nel “sentire profondo” .
Un oggetto e uno spazio che si fondono in un piano unico ma corposo e avvolgente.

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Natura morta 1951
Tonalità di grigi, rosa, marroni e bianchi non urlati ma tenui che si rinnovano in ogni immagine .
 Un unico tema che non esaurisce mai le infinite espressioni e impressioni del suo animo.

Sab

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Come si realizza un affresco

L’affresco veniva chiamato “buon fresco”.
Si basa su un procedimento chimico ( a differenza di tutte le altre tecniche) che si chiama Carbonatazione della calce.
Per avere un affresco bisogna lavorare d’inverno quando c’è maggiore umidità perché la parete deve asciugarsi lentamente.
affresco
All’epoca di Giotto c’era una tecnica derivata dal mondo bizantino che si chiama Tecnica a pontate ( ponteggi).
Secondo questa tecnica, che si trova negli affreschi più antichi bizantini, il pittore stabiliva l’area, montava il ponteggio solo su un pezzo di parete e la affrescava in giornata.
Il giorno dopo spostava l’impalcatura e faceva un altro pezzo vicino cioè di procedeva geometricamente e quindi si vedevano le giunture.
Per procedere alla realizzazione tecnica di un affresco prima di tutto bisogna passare dell’ammoniaca per uccidere le muffe sulla parete e sgrassarla e pulirla, scalpellarla in modo che faccia presa.
Poi si mette un primo strato di malta molto grossolana che si chiama Rinzaffo che è una sabbia mista a pietrisco  grosso in modo che sia molto ruvido.
Su questo si stende un secondo strato di intonaco un po più fine che si chiama Arriccio.
Sull’arriccio si esegue il disegno.
Si faceva la quadrettatura sul foglio dove c’era il disegno.
Poi si prendevano dei fili che si sporcavano nella polvere di carbone e due operai ai due lati della parete li tiravano e battevano (battitura del carbone) in modo che si formasse una griglia fatta a carbone sulla parete e si ingrandiva il disegno.
Quando il disegno era sulla parete si procedeva a dare, nella parte dove c’era il ponteggio (parte pontata), lo strato vero e proprio di malta (prima si incideva il disegno con una punta metallica in modo che emergesse dalla malta) che si chiama Tonachino perché è un intonaco molto fine e liscio.
A questo punto si procede a dare il colore vero e proprio.
Il colore è fatto di puro pigmento stemperato in acqua, eventualmente con l’aggiunta di latte(acqua) di calce.
Si danno delle pennellate e non si può sbagliare altrimenti bisogna rifare tutto il procedimento.
E’ una tecnica molto delicata.
L’intonaco che è stato messo sotto è fatto di calce spenta che in chimica si chiama Idrossido di calcio.
Questo idrossido di calcio reagisce asciugandosi con l’anidride carbonica che c’è nell’aria e avviene questa reazione chimica che è la carbonatazione della calce per cui l’idrossido si trasforma in carbonato di calcio che è una  pietra, è come se fosse un minerale e butta fuori acqua, vapore acqueo, trasuda la parete.
Quindi il colore rimane impregnato nella parete ed è per questo che dura così tanto e non ha bisogno di altri leganti perché la calce è già un legante.
Quindi tra tutte le tecniche artistiche sviluppatesi nei secoli è la più sicura e quella che dura di più in assoluto in condizioni climatiche ottimali.
Non tutti i colori si possono usare per l’affresco proprio perché i colori hanno delle proprietà chimiche particolari, ad esempio tutti i blu e gli azzurri vanno dati a secco a tempera alla fine dell’affresco.
I colori si possono mescolare tenendo conto delle loro proprietà, per esempio i colori che contengono piombo non possono andare insieme a quelli che contengono solfuri altrimenti si anneriscono (Cimabue).
Con Giotto siamo negli anni in cui si sperimenta e lui è uno di quelli che decide di aderire alle novità.
Giotto non usa più la tecnica a pontate ma a giornate che è una vera e propria rivoluzione nel senso che ,una volta fatto il disegno sopra l’arriccio, si procede diversamente.
Il procedimento dei fili sporchi di carbone verrà poi sostituito con lo Spolvero in cui si incollano tantissimi fogli, si bucherellano, si passa del carbone in polvere e rimane il disegno.
La novità della tecnica a giornate è che una volta finito il disegno, si da l’intonaco sottile solo sulle figure che si decide di fare in quella giornata e non su una parte di parete.
Questa è una grande differenza perché non si vedranno più i segni geometrici sulla parete ma si vedranno le differenze tra una figura e l’altra .
Quando poi l’intonaco si asciuga , si vede la differenza nei punti di lavoro fra due giornate di lavoro perché c’è un po di rilievo .
La tecnica a giornate è già presente ad Assisi.

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Piccolo sguardo al Ritratto attraverso i secoli

” … il pittore cattura un’espressione fuggevole, un momento dell’età, un moto dell’anima e li fissa per sempre sulla tela … “.
Il ritratto rimane così al di la del tempo e dello spazio.
Nelle Corti tardo – gotiche, a differenza di quanto si sosteneva nel Medioevo, si pensa che l’aspetto terreno è degno di essere riprodotto indipendentemente da altri contesti narrativi e religiosi e si cerca la verosimiglianza.
Van der Weyden (altro…)

San Francesco che dona il mantello – Giotto

Intorno al 1290 Giotto affresca la Basilica Superiore di Assisi su richiesta dei Frati con Storie di S. Francesco.

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La Basilica ha un’unica navata e il transetto a croce commissa ad aula .
Entrando sia a destra che a sinistra si vedono le due file di affreschi di Giotto. Nell’angolo a sinistra del transetto ci sono quelli di Cimabue.
La scelta di Giotto è innovativa. Ci sono 28 scene quadrate con 28 episodi della vita di S. Francesco.
I quadri sono separati da finte colonnine a simulare un portico oltre il quale si svolgono le scene della vita di S. Francesco.
Infine sotto nello zoccolo c’è un finto velario , un drappo dipinto a disegni a scacchiera con fiori.
Le fonti. A Giotto vengono dati due testi: La Leggenda Major in latino di Bonaventura (filosofo francescano) e I fioretti di S. Francesco che hanno diffuso gli episodi fra la popolazione .
I Frati gli hanno anche dato indicazioni su come realizzare le opere ma Giotto è già piuttosto indipendente.
Analizziamo S. Francesco che dona il mantello.
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In questa scena non c’è più il fondo oro; non c’è più niente di Bisanzio.
I primi segnali di questo cambiamento li avevamo già avuti con Cimabue.
Le diagonali e la mediana del quadrato si incrociano proprio sull’aureola della testa del santo che diventa quindi l’asse focale della composizione.
E’ assolutamente moderno il concetto di equilibrio e di insieme che si fa in progettazione.
S. Francesco sta donando il mantello. Il povero si abbassa in segno di ringraziamento e di umiltà, quindi c’è attenzione ai gesti e ai sentimenti come aveva imparato da Cimabue.
Poi c’è la profondità. Sembra di poterli toccare i vestiti ; c’è il chiaro scuro che da plasticità ai volumi.
Prima c’erano i tocchi in oro , adesso sembrano tridimensionali.
C’è un po di oro solo nell’aureola di S. Francesco.
A sinistra il cavallo bruca l’erba; un gesto molto naturale e realistico.
Nell’arte bizantina non si erano mai visti animali; è la prima volta che compare un cavallo.
I profili delle montagne sono simbolicamente terminanti a destra con un edificio religioso e a sinistra con la città: i due poteri.
Simbolicamente S. Francesco è il tramite tra i due poteri cioè è quello che ha portato la parola della Chiesa, la parola sacra tra la gente comune.
I due monti segnano le diagonali. Non c’è più fondo oro ma c’è l’azzurro del cielo.
Un’altra innovazione è che gli edifici sono visti di scorcio; c’è profondità, c’è un tentativo di prospettiva.
Non c’è ancora un punto di fuga ma c’è un asse verso cui confluiscono le rette (che è la tecnica di Pompei).
La prospettiva è ancora intuitiva.
Non quadrano ancora gli alberi che sembrano cespugli cioè le proporzioni degli alberi non sono corrette dal punto di vista spaziale , prospettico e poi mancano le ombre sotto i piedi.
Il passaggio dalla cultura bizantina non è facile; si passa da una mentalità tutta rigida e simbolica in cui la realtà non conta niente.
Per la prima volta, Giotto cerca di introdurre un po di realtà.

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